venerdì 27 aprile 2012

MANI FREDDE


Le iene non mollano l'osso. Sotto lo sguardo della luna s'agitano gli sciacalli. Dov'è il mio sacro Fuoco? L'accampamento è lontano, ma riscalda il cuore pure il solo ricordo delle ceneri nell'aria satura di fumo, gli occhi veri di un Amico, il calore in vampe sulle dita intirizzite.
Saltavamo.
Saltavamo per scaldarci.
Abbiamo iniziato a saltare insieme per sentirci simili.
Saltare è diventato una danza.
Poi qualcuno ha detto: "Si fa così e solo così!"
Tanti si sono adeguati.
Saltavamo allora compostamente. Ma nessuno sapeva più il perchè.
Il Tamburo era un tempo il nostro cuore.
Qualcuno ha accelerato e incominciato a marciare.
Il Fuoco divenne luce che non scaldava più. Lampadina o peggio ancora neon.
Le mie dita tornarono impercettibilmente fredde, ogni giorno di più.
Più non era un velo di stelle a farci coperta, avevamo un tetto.
La pioggia non pagava il biglietto, restava fuori. La guardavo da dietro un vetro, un poco soffrivo forse ma non ne parlavo a nessuno. Tornate gelate le dita, tracciavo disegni, spirali sui cristalli umidi.
Eravamo diventati tanti nel frattempo. Tanti da non conoscerci più.
Svanito era anche il pericolo. Lo avevamo lasciato oltre il muro.
Le iene vere fuggivano chissà dove, non ci cercavano più.
La nostra carne marciva, eppure.
L'animo della iena ci crebbe dentro. Continuavo a sentire le mani fredde, ma non osavo dirlo agli altri. Chi erano poi gli altri? Sempre nuovi, amici di una sera, sciacalli essi stessi?
Dov'è il sacro Fuoco?
La Fiducia, il Silenzio sano, la Terra sotto i piedi, il Dolore, l'Amore, la Paura?
Quando li avevamo lasciati accontentandoci di un surrogato, prefabbricando emozioni?
Chi aveva dato regole, alle regole non aveva dato limiti, ed esse pertanto non ammettevano eccezioni. Nessuno era sopra alle regole. Ciò significava le regole sopra tutto.
Ci coprivamo, all'inizio quando sentivamo freddo. Sembra strano dirlo adesso che ci vestiamo per comunicare ad altri ciò che non saremmo più in grado di esprimere altrimenti. Ciò che nessuno avrebbe voglia di ascoltare.
Eravamo diventati tanti, troppi, dal mio punto di vista.
Per questo si è reso necessario essere pochi ma buoni.
Per questo abbiamo scelto di sceglierci come fanno gli animali, fiutandoci, guardando nel fondo vero dei nostri occhi.
Per questo accendiamo un Fuoco quando possiamo e ci sediamo, cantando, suonando, senza parlare.
Per questo non ci perdiamo se siamo lontani. Per queste e tante altre cose mai saremo in fondo capiti. Ma che importa?
Continuiamo a saltare, vicini, ma ognuno come gli pare, senza farci domande, qualcuno non c'è più, qualche nuovo fiore compare sul prato, e non gli chiediamo il suo nome. Noi sappiamo chi è, lo riconosciamo. Lo amiamo da subito.
Gli facciamo spazio nel nostro cerchio.


Enrico