giovedì 20 settembre 2012

Senza Collare - La Gabbia

Finalmente pronto il nuovo pezzo, che potete ascoltare cliccando:
Senza Collare - La Gabbia, di seguito il testo - BUON ASCOLTO!!



Chi ti ha tenuto chiusa nella sua galera umida
sta prendendo il sole
sopra un grattacielo.
Chi ti ha umiliata e poi
ti ha frantumato il cuore
ora sa di poterlo continuare a fare.

Niente di male a credere
che possa venir del bene
anche da un abisso di dolore,
ma una gogna è sempre una gogna
e non un fiore.
Niente di male a credere
che possa venir del bene
anche da un abisso di rancore
ma una fogna è sempre una fogna
e non un mare.

Chi ti ha tenuto chiusa
nella gabbia di una favola
chi ti ha tolto il sole in cambio di due lire?
Lui ti ha ingannato e poi
ti ha fatto metter tavola
ti ha lasciato solo avanzi da mangiare.


Niente di male a credere
che possa venir del bene
anche da un abisso di dolore,
ma una gogna è sempre una gogna
e non un fiore.
Niente di male a credere
che possa venir del bene
anche da un abisso di rancore
ma una fogna è sempre una fogna
e non un mare.

E qui cominci a odiar
chi ha tempo per parlare
e chi ha viaggiato tanto,
cominci ad invidiar
chi gli sorride il cuore
chi non chiede in cambio.

Ed anche con la porta aperta ormai non scappi più.....


Matteo Calabrò: Voce, chitarra, diamonica
Enrico Magnolo: Testi e musica, voce, chitarra, basso acustico, cajon

lunedì 11 giugno 2012

LUCE

Nato con la luce in picchiata sul mondo
volo teso di falco
luce che mi porta in salvo adesso come allora
luce obliqua e tesa a cui mi appendo
quasi fosse fune
a cui mi aggrappo
ma non è padre ne madre
è luce di sponda
riflesso di un segno, di un volto, di un nome che è il mio
salvo
per riflesso incondizionato
salvo perchè nato
con la luce in picchiata sul mondo
figlio di un doppio malsaldato
e malsaldato mi sento
e invoco luce
luce che mi cresce dentro come figlio
luce che ho lasciato andare e tornare come un figlio
e allora madre mi sento
e invoco luce
luce, parto di carne e strilli e squilli di trombe di angeli a dilagare il buio
luce che spinge dal basso ventre del cuore
luce che è amore da solo e perfetto
che va come mare alla sponda e oltre
a mareggiare ogni spiaggia, ogni porto
luce di riporto
che incendia i tetti del mondo
luce d'amor solitario e profondo
viaggiatore di terre e paesi lontani
che piomba veloce sui tetti del mondo
e torna a cantare tra le mie mani.


Matteo

venerdì 27 aprile 2012

MANI FREDDE


Le iene non mollano l'osso. Sotto lo sguardo della luna s'agitano gli sciacalli. Dov'è il mio sacro Fuoco? L'accampamento è lontano, ma riscalda il cuore pure il solo ricordo delle ceneri nell'aria satura di fumo, gli occhi veri di un Amico, il calore in vampe sulle dita intirizzite.
Saltavamo.
Saltavamo per scaldarci.
Abbiamo iniziato a saltare insieme per sentirci simili.
Saltare è diventato una danza.
Poi qualcuno ha detto: "Si fa così e solo così!"
Tanti si sono adeguati.
Saltavamo allora compostamente. Ma nessuno sapeva più il perchè.
Il Tamburo era un tempo il nostro cuore.
Qualcuno ha accelerato e incominciato a marciare.
Il Fuoco divenne luce che non scaldava più. Lampadina o peggio ancora neon.
Le mie dita tornarono impercettibilmente fredde, ogni giorno di più.
Più non era un velo di stelle a farci coperta, avevamo un tetto.
La pioggia non pagava il biglietto, restava fuori. La guardavo da dietro un vetro, un poco soffrivo forse ma non ne parlavo a nessuno. Tornate gelate le dita, tracciavo disegni, spirali sui cristalli umidi.
Eravamo diventati tanti nel frattempo. Tanti da non conoscerci più.
Svanito era anche il pericolo. Lo avevamo lasciato oltre il muro.
Le iene vere fuggivano chissà dove, non ci cercavano più.
La nostra carne marciva, eppure.
L'animo della iena ci crebbe dentro. Continuavo a sentire le mani fredde, ma non osavo dirlo agli altri. Chi erano poi gli altri? Sempre nuovi, amici di una sera, sciacalli essi stessi?
Dov'è il sacro Fuoco?
La Fiducia, il Silenzio sano, la Terra sotto i piedi, il Dolore, l'Amore, la Paura?
Quando li avevamo lasciati accontentandoci di un surrogato, prefabbricando emozioni?
Chi aveva dato regole, alle regole non aveva dato limiti, ed esse pertanto non ammettevano eccezioni. Nessuno era sopra alle regole. Ciò significava le regole sopra tutto.
Ci coprivamo, all'inizio quando sentivamo freddo. Sembra strano dirlo adesso che ci vestiamo per comunicare ad altri ciò che non saremmo più in grado di esprimere altrimenti. Ciò che nessuno avrebbe voglia di ascoltare.
Eravamo diventati tanti, troppi, dal mio punto di vista.
Per questo si è reso necessario essere pochi ma buoni.
Per questo abbiamo scelto di sceglierci come fanno gli animali, fiutandoci, guardando nel fondo vero dei nostri occhi.
Per questo accendiamo un Fuoco quando possiamo e ci sediamo, cantando, suonando, senza parlare.
Per questo non ci perdiamo se siamo lontani. Per queste e tante altre cose mai saremo in fondo capiti. Ma che importa?
Continuiamo a saltare, vicini, ma ognuno come gli pare, senza farci domande, qualcuno non c'è più, qualche nuovo fiore compare sul prato, e non gli chiediamo il suo nome. Noi sappiamo chi è, lo riconosciamo. Lo amiamo da subito.
Gli facciamo spazio nel nostro cerchio.


Enrico

lunedì 19 marzo 2012

AScOLtaVo PuNk


Dieci anni fa ascoltavo punk. Era la mia protesta, la mia ribellione. Portavo queste camicie a scacchi molto larghe e dei pantaloni stretti. Avevo capelli spettinati e una birra sempre in mano. Avevo un solo scopo nella vita, un solo obiettivo:
FARE SCHIFO.
Era la mia protesta, la mia ribellione. Ad un mondo a cui ero stato scagliato da chissà chi, un mondo maleducato e fuori taglia.
Un mondo di merda che non mi piaceva allora come non mi piace adesso.
Solo che a 15/16 anni il fatto che il mondo ti facesse schifo aveva un sapore tutto particolare.
A quindici anni il fatto che il mondo ti facesse schifo faceva fico. Ed anche mostrarti al mondo come uno dei suoi tanti aborti di infinita rabbia e disperazione faceva fico. Mi sentivo fiero. Stare male non era soltanto uno stato d'animo. Stare male era una sorta di presa di posizione.
Un manifesto politico

venerdì 2 marzo 2012

AI VIVENTI

Il giorno volge al termine, sento che siamo migliori
spero non ci prosciughino i vecchi dentro
gli adepti della morte a fuoco lento
vorrebbero una scrivania alla quale legarci
una bacheca
nella quale appendere la cartolina dei nostri sogni
che non capiranno mai
lasciamoli nel cassetto piuttosto questi sogni
non facciamoli rubare
proviamo piano a mutarli noi, da dentro, questi codardi, questi spaventati della vita
non dico non sia dura la partita ma va giocata, per una volta, sulla loro pelle
cerco i miei simili, come un animale
scruto e non mi fido, allora annuso e capisco perchè...

Questi mostri hanno l'odore di vuoto degli armadi
delle stanze d'albergo dove più nessuno va
puliti e vuoti come la morte.

Lasciamoli nel cassetto
o altrimenti liberiamoli i nostri sogni
gettiamoli nel vento
caviamoli dalla terra
prendiamone a manciate dalle nostre tasche
come coriandoli a colorare il vento
versiamoli dal cuore
come promesse nel cuore dei vivi
so che non capiranno...lo so per certo
perchè quei mostri hanno l'odore di vuoto degli armadi
delle stanze d'albergo dove più nessuno va
e sono puliti e vuoti
come la morte.


giovedì 16 febbraio 2012

Il poeta è un guerrigliero


Il poeta è un guerrigliero, la barba sfatta, a cavallo di un'idea, in atri di stazione dove rimbombano gli echi di un megafono.
Il poeta è un guerrigliero con una cartuccera di parole, sotto lo stanco cielo, a carponi nel fango di una giornata qualunque. Il poeta non muore, semmai rinasce ogni volta che le mani si tendono in un gesto d'amore. Ha coraggio da vendere e astuzie da stratega.
Il poeta ha le tasche piene di ricordi, la patta aperta, una birra in mano. Il poeta sorride da solo, parla coi raggi di sole, non si da per vinto. Il poeta è un guerrigliero che ha perso tutto cadendo, come un angelo sporco. Il poeta da ragione a una fontana, ad un precipizio, vede il vuoto in alcuni sguardi e si preoccupa per la fine del mondo.
Il poeta vive pericolosamente su di un'impalcatura d'emozioni. E non ha freddo se c'è cuore di donna o vino o cerchio d'amici.  Il poeta ha ritmo sincopato nel passo, è onda forte di parola sugli scogli o bonaccia in un maestrale di pensieri.
Il poeta lo fa per una giusta causa. Una causa persa.
Il poeta perde ogni giorno.
E' come mille Don Chisciotte mascherati da uomo comune.
Il poeta ha sogni invadenti che lo seguono nella luce del giorno. Il poeta li accarezza come figli prima di andare al lavoro. Il poeta è un guerrigliero la cui marcia è un tango, la cui divisa è un vecchio maglione logoro. Il poeta non ha rispetto per le istituzioni e per chi generalizza.
Il poeta sogna almeno dodici fughe al giorno.
E' pronto per l'apocalisse ma disarmato di fronte alla banalità.
Il poeta odia i poeti finti e si fida solo del suo naso. Preferisce i grilli in un prato ai grilli per la testa. Ha dato le perle ai porci, tutte quelle che aveva. Loro non le hanno volute e sono ancora lì, nel fango.
Il poeta ha corso nudo, almeno una volta. Si è sdraiato sull'asfalto di una strada, ha preso tra le mani il filo spinato, stringendo forte fino a sanguinare, almeno una volta. Ha avuto alberi per culla, ha tracciato sentieri, almeno una volta. Ha dormito su un pianerottolo o dentro un portone, almeno una volta. Ha pianto al telefono, ha urlato un nome da un monte, almeno una volta.
Il poeta è un guerrigliero pronto a una rivoluzione non violenta.
Il poeta è un guerrigliero, comandante di una brigata di bambini, che si nascondono in un bosco. Il poeta combatte la sua guerra per far si che da grandi, quei bambini, non debbano più nascondersi e siano davvero LIBERI TUTTI.